“Che vadano tutti al diavolo!”
Oscar entrò nella sua
camera sbattendo tanto violentemente la porta che i muri sembravano dover
crollare.
Che scene disgustose. Non
hanno nessun ritegno. Ma è mai possibile che le dame di Versailles
non siano capaci del minimo pudore? E André poi… lui è…è…
accidenti a lui, non è altro che un dongiovanni da strapazzo. Avrebbe
potuto respingere apertamente le loro smancerie, e invece che a fatto?
Era proprio necessaria tutta quella galanteria? Quei baciamano? Che vergogna!
Oscar era furiosa. Lei e una
rappresentanza dei Soldati della Guardia Francese erano stati invitati
a Versailles per un encomio, dopo aver scongiurato l’attentato al principe
spagnolo.
Aveva pensato di portare con
se per tale evenienza Alain, Gerard e naturalmente André. Pensava
che André avrebbe potuto istruire gli altri soldati sulla condotta
da adottare per una tale evenienza, avendo frequentato Versailles per diversi
anni con lei. Le era sembrata una buona idea. “Buona idea? La peggiore
che mi potesse venire! Ma come potevo immaginare…ACCIDENTI!”
Sapeva bene quanto fossero
frivole le dame che frequentavano la corte, sapeva anche delle stupide
attenzioni nei suoi confronti, ci era abituata, e non ne dava troppo peso.
Ma mai avrebbe immaginato che questa volta le attenzioni di tali “dame”
si sarebbero rivolte ad André.
“André, finalmente ci
fate di nuovo l’onore della vostra presenza.”
“Quanto ci siete mancato André,
da quando il Colonnello a lasciato la Guardia Reale non abbiamo più
potuto godere della vostra presenza.”
“Venite a bere insieme a noi
André.”
“Oh André! Come siete
affascinante in divisa!”
André, André…non
sapevano dire altro. Veniva tirato a destra e a sinistra, come se fosse
stato l’ultimo uomo rimasto in Francia. “Vecchie galline fameliche!”
Ma da quando tutto questo
interesse per André a corte? Non mi era mai sembrato che potesse
tanto attirare l’attenzione di quelle stupide zitelle! Al diavolo! Non
m’importa nulla!
Usciti dalla reggia poi, i
suoi compagni lo avevano riempito di pacche sulle spalle e ammiccamenti,
elogiandolo per il suo successo su quelle gallinelle incipriate.
Giuro che se non la fanno
finita li consegno per una settimana!
Nel viaggio di ritorno verso
casa André aveva fatto come se nulla fosse. Oppure come se ci fosse
abituato, e questo l’aveva ancora più irritata.
“Oscar, va tutto bene?”
Quasi lo fulminò con
lo sguardo.
Non avrebbe voluto dirgli nulla,
si vergognava di quella collera che sentiva crescere ogni minuto di più,
e di cui non conosceva la fonte. Ma l’impulsività era un lato del
proprio carattere che non era mai riuscita a controllare.
“Era proprio necessario?”
André era più
che mai perplesso. “A cosa ti riferisci, non capisco?”
“Non avresti dovuto dare tanta
confidenza a quelle donne, dovresti sapere quanto sia sconveniente!”
“Ma cosa dici Oscar! Non ho
dato alcuna confidenza a nessuno. Ma sai bene che proprio per rispetto
all’etichetta non mi era possibile respingere le loro attenzioni in maniera
sgarbata. Tante volte ho dovuto comportarmi nello stesso modo in tali circostanze
a Versailles. Non capisco per quale motivo questa volta te ne stupisca
tanto.”
Tante volte? Come sarebbe
a dire tante volte? Ed io dov’ero e dove guardavo quando succedeva?
Scrutò furtivamente
André, per cercare di capire. Certo a guardarlo bene non si poteva
negare che fosse un uomo attraente. Alto, longilineo, spalle larghe e muscolose,
il viso dolce con occhi di un verde smeraldo che a volte sembravano risplendere
di luce propria. Arrossì improvisamente, era la prima volte che
si ritrovava ad osservare André da quel punto di vista. Non lo aveva
mai fatto, non né aveva mai sentito il bisogno. Per lei André
era André è basta. Lei gli era affezionata per ciò
che era, non per il suo aspetto fisico. Si accorse che André continuava
ad osservarla attendendo una risposta.
“Scusami André, hai
ragione. Ma Versailles mi rende nervosa, ho sempre sopportato a fatica
quell’atmosfera ed ora che ne sono lontana mi riesce ancora più
difficile.”
André sfoggiò
il più dolce dei sorrisi.
“Lo so Oscar, non ti preoccupare,
appena saremo arrivati a casa e sarai davanti ad una buona tazza di cioccolata
calda ti sentirai meglio”
Accidenti André finiscila
di guardarmi in quel modo. Ma che mi succede. Riprenditi Oscar, è
solo André.
Niente da fare non riusciva
proprio a placare la rabbia per ciò che aveva visto quel pomeriggio
e neanche la famosa tazza di cioccolata calda le aveva dato sollievo.
Decise di non cenare e di andare
subito a letto. Se fosse scesa per mangiare probabilmente avrebbe finito
come minimo per tirare il piatto in testa ad André, tanto era nervosa.
Ma anche il sonno le era avverso quella sera. Provò a girarsi da
un fianco, poi da un altro. Niente. Ormai era quasi l’alba e gli occhi
erano inesorabilmente aperti.
Versailles, quanti anni,
quanti ricordi e quante scelte ho dovuto fare. E se le mie scelte fossero
state sbagliate, fin dall’inizio. Chissà come sarebbe la mia vita
adesso, e come sarei io se avessi scelto di non indossare l’uniforme, o
se avessi deciso di manifestare subito il mio interesse a Fersen o se…oddio…e
se avessi scelto di accettare la proposta di Girodel? No, questo proprio
non riesco ad immaginarlo! Mi viene da ridere solo all’idea.
La stanchezza si faceva sentire
e gli occhi le bruciavano. Provò a chiuderli per un momento, ma
per quanto fosse stanca non riusciva a riposare.
Meglio alzarsi, a questo punto
è inutile rimanere a letto.
Proprio mentre stava per avviarsi
alla porta, un’improvvisa folata di vento fece spalancare la finestra e
un vaso di fiori con dentro una rosa bianca cadde rompendosi in mille pezzi.
Che strano! Un vento simile
in questa stagione.
Non diede troppo peso all’accaduto,
richiuse la finestra e raccolse ciò che rimaneva della rosa, lo
stelo con attaccato solo un unico petalo.
Poi tornò nuovamente
verso la porta, la serratura sembrava bloccata.
Stupendo! Oggi mi va proprio
tutto storto.
Finalmenta la porta si aprì,
si voltò un attimo per richiuderla, ma quando si girò verso
il corridoio…
“Ma cosa diavolo…?”
Stropicciò un attimo
gli occhi, li riaprì, incredula si diede un pizzicotto sul bracciò,
ma ciò che vedeva non cambiava.
Deve essere la stanchezza.
Certo! Non può essere che colpa della stanchezza!
Fece qualche passo convinta
che quella visione svanisse, ma niente da fare.
“Ma..ma come è possibile?”
Di fronte a se, non c’erano
le familiari stanze di Palazzo Jarjayes, ma una delle sale da ballo di
Versailles, gremita di nobili intenti a danze e inutili pettegolezzi. Due
dame le passarono vicino, sembrava quasi che l’attraversassero.
No! Questo poi è
impossibile, deve essere per forza un sogno, ho forse ha ragione la nonna
quando dice che sono così magra chi si potrebbe passare attraverso.
Meglio dare un’occhiata in giro, così forse ci capirò qualcosa.
Oscar iniziò a girare
per il salone in cerca di una spiegazione, o per lo meno di qualcuno che
conoscesse o che la riconoscesse, quando la sua attenzione venne attirata
da una risata da gallina padovana. Si avvicinò incuriosita alla
“Dama” da cui proveniva il verso inumano. Era un’enorme balena bionda,
tanto grassa da non riuscire a capire se ciò che si vedeva ondeggiare
fosse il vaporoso vestito o le ingombranti membra di quel curioso esemplare
del genere umano. Il disgusto di Oscar alla vista di quell’essere era talmente
forte da farle provare quasi dolori addominali.
Mio Dio! Ma come fa una
donna a ridursi in quello stato. Se fosse per me ti farei togliere scarpe
e “Vestitino” e VIA… cento giri della caserma di corsa, altro che balli!”
I pensieri di Oscar vennero
interrotti dalla voce della cicciona.
“Non è giusto Gustave!
Quando mi hai sposato avevi promesso che avresti esaudito ogni mio desiderio
e io stupida che ti avevo creduto. Io! Che potrei avere qualsiasi uomo
ai miei piedi!”
No, non può essere,
questa voce…questa voce… è identica alla mia. Devo vederla in faccia
questa tipa, devo riuscire a capirci qualcosa.
Oscar si spostò in modo
da trovarsi di fronte alla damona e…
Quello che vide quasi la fece
svenire. Quella donna, anzi quella balena travestita da donna…era…LEI!
E molto probabilmente l’ingrato, e altrettanto “ingombrante” interlocutore
sembrava proprio essere SUO marito!
“Gustave, insomma, mi stai
ascoltando. Ma cosa devo fare per avere le collane che vedo al collo delle
altre donne! E non parliamo dei vestiti! Non vorrai mica farmi mettere
lo stesso vestito più di una volta? E’ questo il bene che vuoi alla
tua colombella?”.
“Ma…Oscaruccia…”
“Ti ho detto che non devi chiamarmi
così! Sai che devi usare il mio secondo nome, cattivone!”
“Va bene…(sospiro) Ortensia…”
Oscar è sempre più
a bocca aperta. Ortensia??Ortensia?? Che accidenti di nome sarebbe Ortensia??
Ma Oscar non ebbe il tempo
di riflettere che la voce della donnona tuonò di nuovo.
“Ah…quel nome! Quanto lo odio!
E pensare, che se non fosse stato per mia madre, sarei stata cresciuta
come un uomo! In divisa per giunta! Una donna mascolina, frigida e asessuata.
Se solo ci penso, svengo!”
Questo poi è veramente
troppo! Frigida? Assessuata? A chi? Eppoi..tze! Con che coraggio critichi
le mie divise. Ma ti sei vista, bisognerebbe svestire tutta la Francia
e stati limitrofi per vestirti, cicciona!
In quel momento un valletto
di corte si stava avvicinando con fra le mani un vassoio di tartine e pasticcini.
Gli occhi di Oscar si illuminarono, quel valletto era André. Finalmente
un viso amico!
Oscarona appena lo vide si
buttò sul vassoio, strappandolo letteralmente dalle mani di André
e posandolo con “grazia” fra le braccia del suo maritino, poi, mentre André
si allontanava, gli mollò una pacca sul sedere, mangiandoselo con
gli occhi turchesi ma porcini e quasi risucchiati dalla ciccia del suo
faccione, rimpiangendo i bei tempi in cui quel bell’omaccione prestava
servizio a Palazzo Jarjayes e da cui un giorno, per qualche “inspiegabile”
motivo, il bel valletto scappò a gambe levate. Oscarona ancora non
sapeva spiegarsene la ragione.
Sconsolata si avvento sul vassoio,
divorando tutto.
Per Oscar fu veramente troppo
e scappò via, mentre Oscarona gracchiava al maritino l’ennesima
richiesta.
“Biscottino mio… domani vorrei
cavalcare”
“Cosa?? No, è fuori
discussione…ogni volta che ci hai provato…”
“Si…?”
“Beh, sai cosa è successo,
no?”
“Ti riferisci per caso alla
morte di Cèsar, di suo figlio e di suo nipote? E’ stata una serie
di disgrazie! Non vorrai dirmi che pensi sia colpa mia!”
“No…però un cavallo
per quanto robusto…non…”
“NON COSA???”
“Niente colombella…(sospira
di nuovo) domani avrai il tuo cavallo (Sigh!)”
Oscar oltrepassò la porta
da cui era arriva e dopo averla richiusa a doppia mandata, vi si era appoggiata
di schiena, scivolando a terra ad occhi chiusi. Era talmente sconvolta
e disgustata da smettere di chiedersi come fosse finita lì e cosa
fosse esattamente ciò che aveva visto. L’unica cosa che le interessava
era di fuggire il più lontano possibile da quella assurda versione
di se stessa. Cosa che a quanto pare aveva fatto persino André,
proprio lui che sembrava essere disposto a sopportare di tutto. Sorrise.
Non c’è da stupirsi,povero
André, neanche lui avrebbe potuto resistere ad un’Oscar così.
A quel punto però rimaneva
un problema. Aprire gli occhi. Oscar temeva ciò che avrebbe potuto
vedere. Sperava con tutta se stessa di potersi ritrovare nella sua stanza,
come avrebbe dovuto essere.
Ma certo, che stupida, in
fondo non è stato che uno stupido sogno, un’allucinazione. Ora aprirò
gli occhi è vedrò che non c’è nulla di strano, solo
la mia solita vecchia camera e nient’altro.
Fine 1° parte
Rose